Siamo in un periodo di massima confusione e la totale assenza di articoli utili per persone esterne che si approcciano al femminismo rende le cose ancora più complicate. Una cosa è sicura: non c’è un modo di “fare” il femminismo, è tutto molto più complicato di dire “le femministe questo, le femministe quello”. Dopo 6 anni di attivismo, questo è quello che ho imparato sulle basi di un movimento di cui faccio fieramente parte.
Iniziamo per gradi: Cos’è il femminismo?
Partiamo proprio dall’ABC, che è tutto ciò che conta. Stando alla mia amata Treccani, con la quale ho una relazione platonica che ha superato i confini dell’intelligibile, femminismo è il movimento che vuole la parità politica, sociale ed economica dei sessi.
Al netto di questa definizione super generica, questo è l’unico requisito fondamentale per potersi definire femminista.
Da qui, tutto il resto è puramente accessorio. Qualunque direzione scegliate di prendere dopo aver messo in chiaro il vostro scopo (ovvero la parità), rientrerà nel femminismo. Questa è una cosa sicuramente positiva, perché rende il movimento adattabile a tutti i contesti etno-geopolitici, permette di sposare l’ideologia alla vostra religione, posizione politica, esigenze personali ecc. D’ora in poi, siete liberissim* di scegliere le vostre battaglie e idee.
E’ chiaro, però, che la democrazia non porta sempre cose buone, la totale libertà con la quale potete combattere per la parità, senza uscire dai confini praticamente inesistenti di ciò che è femminista e ciò che non lo è, vi permette di fare un po’ di tutto.
Io, solitamente, in questo momento darei 3 consigli molto generici:
- Spetta solo a te la tua “etichetta” di femminista.
Mi spiego meglio. Chiunque e, ripeto, chiunque può definirsi femminista. Non si può andare in giro a dire “tu sei femminista, tu non lo sei”, perché non c’è alcun criterio per “radiare” o “includere” altre persone. Le persone entrano ed escono liberamente.
Questo è sicuramente un bene, perché smonta l’immagine di “setta” che molti si sono fatti sul femminismo. Permette a tutt* di accompagnare al femminismo cause e ideali politici, come il marxismo o il libero mercato.
D’altro canto, però, non è controllabile l’affluenza di gruppi neo-radicali come le TERF (Trans-Exclusionary Radical Feminism), gruppi con idee apertamente transfobiche. Per non parlare del separatismo femminista (non femminismo separatista che è tutt’altro) con idee apertamente misandriche.
In ogni caso, non c’è scritto da nessuna parte che le persone femministe debbano andare tutte d’accordo, quindi non abbiate paura di esporvi anche se la persona dall’altra parte si definisce femminista. Dopotutto, senza scontro non si genera alcun cambiamento.
2. Tieni conto dei tuoi obbiettivi
Questo è il consiglio più utile per decidere quale sia la corrente femminista che senti più adatta a te. Parliamoci chiaro, puoi anche non scegliere e fare il femminismo per conto tuo, esattamente come ho fatto io. Ma, ogni tanto, avere qualche contatto o conoscenza non fa mai male.
L’importante è avere un programma. Se vuoi ottenere dei risultati con il tuo attivismo, serve un programma. E’ qui che il femminismo si frammenta drasticamente, perché è ovvio che non tutti abbiano in mente la stessa cosa.
Quando si parla di comunismo, un “collega” storico del femminismo, si è parlato spesso di programma minimo (o ridotto) e programma massimo.
Beh, questo dipende poi da quali siano i tuoi “colori” politici. Per orientarti meglio, ti rimando al terzo consiglio.
3. Confronta le diverse fonti.
Dal classicissimo “Il Secondo Sesso di Simone De Beauvoir”, a testi più di nicchia dei quali parleremo prossimamente, il mio consiglio è di non leggere sempre le stesse cose.
Capisco che la rubrica “Parità In Pillole” di Irene Facheris sia molto utile per farsi un’infarinatura generale delle cose, anche perché è davvero l’equivalente dei videoriassunti di Skuola.net per il liceo. Ma non basta un riassunto online per arrivare preparati all’interrogazione, giusto?
Se vuoi avere una visione quanto più chiara possibile di ciò che stai facendo, devi leggere saggi di divulgatori che non siano solo appartenenti alla tua corrente, esattamente come non studiamo solo la filosofia che ci piace, ma anche quella di pensatori “superati” che però hanno gettato le basi della filosofia moderna.
Non farti spaventare da un “Intercourse” di Andrea Dworkin, che alla prima lettura troverai scioccante e sovversivo. Ricorda che l’importante non è assolutamente eliminare, ma mettere in discussione i modelli della società che non sono inclusivi per tutti.
Molti dei libri che ti verranno consigliati dai “divulgatori” del femminismo moderno saranno dei pamphlet, libriccini dall’intento estremamente polemico e provocatorio che mirano alla destabilizzazione dei costrutti sociali e allo scontro. Quindi, non ti stupire se alcune teorie saranno estremamente ostiche da affrontare, non devi essere d’accordo con qualunque frase tu legga.
A mio parere, oggi non ci sono abbastanza persone che facciano distinzioni all’interno del femminismo, forse perché mirano a creare un movimento che sia più “di massa”, più pubblicitario e meno ideologico, che raccolga persone da più contesti diversi. Questa è sicuramente una cosa che può essere vista in chiave positiva, visto che la mancata coesione degli ultimi movimenti femministi ha indebolito esponenzialmente il potere sociale di questo movimento.
Motivo per il quale io mi definisco intersezionalista, perché combatto anche le battaglie di altri e cerco di includere più esperienze diverse all’interno della mia battaglia. Mettersi in ascolto anche della versione di donne non bianche, o della realtà patriarcale in paesi non occidentali, a mio avviso ha un potere enorme.
Non per questo, però, dobbiamo fare del femminismo un qualcosa che metta d’accordo tutti. Perché si finirebbe nel fare le cose in punta di piedi per non dare fastidio, evitare di utilizzare termini come “privilegio” e “patriarcato” solo perché non sono “man-friendly”. Significa utilizzarli con coscienza, preparazione, allenamento nel vedere la discriminazione e, soprattutto, ricordando che non stiamo combattendo per togliere i privilegi, ma per darli a tutti, in modo che cessino di essere privilegi.
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