Cosa ci ha lasciato Sex And The City? È una serie problematica?

Cosa ci ha lasciato Sex And The City? È una serie problematica?

Sex And The City è una serie fantastica ma anche problematica, per una semplice ragione: suscita emozioni contrastanti tra loro. Oscilla tra il capolavoro e il guilty pleasure, tra l’avanguardia e il cliché, tra l’emancipazione e lo stereotipo, tra l’idealizzazione e il realismo.

Spesso mi capita di vedere come la critica moderna si scagli pesantemente contro questa serie per diversi motivi. Dal personaggio controverso e ultra-criticato di Carrie Bradshaw ai due film che non rendono assolutamente giustizia a questa serie. Tutte critiche assolutamente valide, ma che non devono demonizzare la visione di quest’opera, semmai arricchire ulteriormente l’analisi di un’opera già molto ricca.

Sex And The City: i pro

Il primo punto di forza che salta all’occhio, nonché quello più ribadito dalla critica, è la rottura dei tabù sessuali femminili, la rappresentazione realistica e autodeterminata della sessualità femminile, qualche volta messa in relazione con la sessualità maschile, qualche volta posta in un’ottica indipendente.

Dobbiamo ricordarci che la serie di Darren Star scatta una fotografia ideologica di un determinato contesto storico e geografico: la New York degli anni ’90, con le mode newyorkesi degli anni ’90 a cavallo con l’entrata negli anni 2000. New York è definita da molti la quinta protagonista della serie, proprio per la sua profonda influenza tangibile negli atteggiamenti e nei pensieri delle protagoniste.

Un altro punto di forza da non sottovalutare è una rappresentazione più variegata, non settoriale e dinamica dei personaggi femminili. Carrie, Charlotte, Samantha e Miranda, per quanto siano personaggi riconducibili a stereotipi, hanno delle connotazioni realistiche. Le protagoniste non sono perfette, non sono sempre disposte e preparate a distruggere i dettami della società e questo viene spesso interpretato negativamente da parte del pubblico che, specifichiamo, guarda Sex and The City nel 2020. Questo può essere interpretato come un punto di forza perché rappresenta l’autodeterminazione come un percorso e non come un’improvvisa presa di posizione. Le protagoniste fanno un percorso lungo e articolato fatto da realizzazioni ma anche da momenti estremamente squallidi e dannosi, in particolare quando si parla di Carrie: basti pensare alle varie rotture con Mr. Big, alla traumatica rottura con Aidan, alla scena in cui viene umiliata da una rivista di New York.

Sex And The City: i contro

Iniziamo da un contro che salta particolarmente all’occhio se mettiamo questa serie a confronto con una serie odierna: la rappresentazione scarna e stereotipata delle minoranze. Il contesto di Sex And The City è quasi totalmente bianco, le minoranze etniche occupano ruoli di servizio e spesso vengono rappresentate negativamente: basta pensare a Magda, la colf ucraina di Miranda, che la serie ci fa vedere come una donna di casa, tradizionalista, forte di convinzioni patriarcali sulla famiglia e sul ruolo della donna, in contrasto con il personaggio di Miranda, focalizzato sul lavoro e sulla realizzazione personale. Lo stereotipo delle donne dell’est come “mogli perfette” è molto sentito anche in Italia.

Comunità LGBTQ+ e Bifobia

Sul versante “queer” la situazione è ancora peggiore: due personaggi ricorrenti omosessuali, entrambi estremamente stereotipati e, ovviamente, accoppiati nel film, nonostante durante tutte le stagioni si vede come non vadano assolutamente bene l’uno per l’altro. Peggio ancora se si parla della bisessualità: da un lato, sembra quasi assurdo che sia rappresentata in una serie degli anni ’90, quindi la sua comparsa diventa automaticamente una cosa di cui dovremmo rallegrarci. Beh, no.

La seguente parte in cui tratterò di bifobia in Sex & The City contiene spoiler.

  • Carrie descrive la bisessualità come “Layover to Gaytown” nella terza stagione, asserendo che la bisessualità non esista e che alla fine i bisessuali finiranno sempre con gli uomini. In questo episodio Carrie conosce Sean, un uomo più giovane che sembra averla colpita positivamente, unica pecca: lui è bisessuale. Durante l’intero episodio la sex columnist vive con estremo disagio la cosa, come se la bisessualità significasse tradimento assicurato. (E visti i trascorsi con Aidan e Big, verrebbe proprio da dire “senti chi parla”)
  • Charlotte crede che gli uomini bisessuali siano la ragione per cui si trova “a corto di uomini a New York”. Incommentabile.
  • L’unica a salvarsi è Samantha, che vive la bisessualità come sperimentazione e lo si vede nella sua relazione con Maria, la quale termina per la tossicità del personaggio di quest’ultima e non per la sua sessualità. Un sospiro di sollievo.

Conclusione: Sex And The City è una serie problematica?

Sicuramente. Di problemi ne ha a bizzeffe ma si trova in un contesto che le tiene un sacco di compagnia. Basti pensare a Friends, una serie comica che però contiene moltissime battute omofobe, peggiorate dal doppiaggio italiano.

Personalmente, credo che bisogni da un lato contestualizzare la serie al suo periodo storico, che non è lontanissimo. Non si può negare, però, che da allora il progresso abbia fatto passi da gigante su questi temi. Quindi è giustissimo guardare con occhio critico certe rappresentazioni e certe battute che, in una serie del 2020, sono tutto fuorché accettabili. Per il resto, queste informazioni sono preziose non per cancellare, bensì per arricchire con sguardo critico la visione di opere del passato.

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