Will Smith segue le orme di sua figlia, Willow Smith, e fa coming out, dicendo di aver aperto la sua relazione con Jada Pinkett. Le testate italiane si riempiono di parole succulente, parlando di questa chimera, il poliamore, come un’alternativa alla “prigione del matrimonio”, un’inaugurazione del sesso libero e senza limiti convenzionali. Questa mancanza di professionalità e di cura nel comprendere che cosa sia davvero il poliamore, riducendo tutto alla parte sessuale e a quella del gossip, ha fatto sì che un’orda di persone si sia indignata, scrivendo commenti di disprezzo e polifobici. Perché sì, mettiamo il sesso al centro di ogni conversazione, per rendere il discorso accattivante, ma non appena qualcosa va al di fuori degli schemi prestabiliti, ecco che scatta la paura, il disgusto e l’esigenza di silenziare. E chi glielo va a spiegare che esistono persone poliamorose asessuali? Ma facciamo un passo alla volta.
Il poliamore, o meglio, tutto lo spettro delle NME (non monogamie etiche) non riguarda solo il sesso.
Le NME riguardano tutto ciò che ha a che fare con le relazioni, le impostazioni su come degli individui vogliono vivere i propri sentimenti e/o la loro vita sessuale. E Will Smith non ha mai parlato di poliamore, ma di essere semplicemente in una coppia aperta, che sì, rientra nelle NME, ma comporta l’esclusività sentimentale della coppia, mentre invece la vita sessuale può essere condivisa con altre persone. Il poliamore invece, prevede che si possano anche provare sentimenti di tipo romantico nei confronti di più partners contemporaneamente. Ciò non migliora la situazione, poiché la consapevolezza del poliamore non fa che scaturire altro odio nei confronti dell’etichetta e nei confronti di chi è poly.
Ma perché le NME creano così tanto disprezzo e indignazione? Perché non sappiamo che cosa sia davvero il consenso in una relazione, a causa di una narrativa sull’Amore così tossica che non è più accettata anche dalle persone monogame.
Perché non si parla solo di “monogamia”, ma di tutta una serie di step che la narrazione sul Vero Amore ci ha imposto. Quante volte infatti, ci siamo sentit* dire, durante la frequentazione con qualcuno, che se non si fa questo o quest’altro, allora “Non si può chiamare davvero relazione?”; oppure il contrario, quante volte pensiamo che certi comportamenti debbano essere esplicitati se e solo se si hanno “intenzioni serie”? Che cosa vuol dire poi “relazione seria”, se non appunto il rispettare tutti gli step obbligatori a livello sociale (tot appuntamenti prima di fare sesso, anniversari, vacanze insieme, convivenza, matrimonio, figli) per testimoniare al mondo che io e Tizio Caio stiamo insieme sul serio?
Il tradimento in Italia viene giustificato, se non addirittura assecondato, il poliamore no. Sapete perché? Il tradimento comporta una deresponsabilizzazione delle proprie scelte.
Quando si parla di poliamore, ecco che spuntano come funghi l* paladin* del Vero Amore, nonostante le statistiche parlino chiaro: almeno una donna su tre tradisce, gli uomini uno su due (i dati parlano esclusivamente di rapporti etero).
E’ normale, in fondo nessuno ci ha mai detto che potessimo scegliere come gestire una relazione. E francamente, da poliamorosa, ve lo dico: è una gran fatica, lo capisco. Dare voce a ciò che si vuole davvero, ascoltare ciò che l’altr* vuole davvero, capire se c’è la possibilità di un compromesso, imparare a lasciar andare le persone nel caso in cui il compromesso non si riesca a trovare. E’ un processo d’introspezione piuttosto lungo e che deve essere ripetuto ad ogni nuova frequentazione, ma è necessario se vogliamo vivere le relazioni in maniera autentica. Perché le esigenze possono cambiare col tempo, i desideri, i sentimenti.
Un altro grande problema è come viviamo l’Amore, ossia nell’ottica di un successo o fallimento che si riversa sulla nostra reputazione sociale.
Quando finisce una relazione, è un fallimento personale. Tutt* lo pensiamo, per questo arranchiamo, vogliamo mantenere le cose come stanno, perché se non sta funzionando, è un problema nostro. E se cominciassimo a pensare a tutto questo come parte di un cambiamento? E se, invece di arrivare a quel punto di rottura, di non ritorno, ci aprissimo ad altre possibilità? Fa paura sapere che in realtà si possono avere delle alternative, perché spesso il poliamore lo si traduce come il fallimento di non essere riuscit* a tenersi strett* l* partner. Ma questo è il risultato del vedere l’Amore come competizione e possessività.
Concludendo, non è necessario fare come ha fatto Will Smith per sentirsi più liber* e non nella “prigione del matrimonio”.
Non è necessario mettere il sesso al centro di ogni problema. Un’insoddisfacente vita sessuale con l* partner non è che una conseguenza di un malessere, non la causa. Non dovete rinunciare alla monogamia, solo capire se è davvero ciò che volete. E per farlo, vi consiglio di seguirmi nei prossimi articoli in cui spiegheremo per filo e per segno ogni sfaccettatura delle non monogamie etiche e chissà, magari scoprirete un pezzo in più di voi stess*.
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